A quanti padri è capitata una situazione simile?
Ho un amico con un figlio piccolo, credo abbia poco più di 4 anni, che l’altro giorno stava sclerando. Non so a quanti uomini sia capitata una situazione simile e come abbiano risolto il problema ma lui ha avuto, secondo me un lampo di genio.
Mi sono sbellicata dalle risate mentre mi raccontava quello che gli è successo. Ma c’è anche una bella morale. Anzi più d’una se vogliamo.
Insomma ecco quello che è capitato a lui e suo figlio, un giorno uscendo di casa al mattino per andare a lavoro.
Doveva eccezionalmente portare il figlio a scuola prima di partecipare ad una riunione importante in ufficio.
Per fare prima mette il figlio e il suo piccolo zainetto sul passeggino (l’auto non è contemplata vista la relativamente poca distanza sia dall’ufficio che dalla scuola e la difficoltà di trovare parcheggi nei pressi). Tutto procede bene per i primi 15 metri fuori casa poi…iniziano i problemi. Il bimbo che chiameremo Marco, da tempo sa camminare anche se non speditamente viste la lunghezza delle sue gambine paffute. Da un po’ i genitori hanno abbandonato l’uso del passeggino tranne in casi eccezionali, ad esempio per ritornare dalla pizzeria il venerdì sera quando è stanco e si addormenta in braccio.
Marco vede il resto del mondo camminare speditamente, bambini e ragazzi con gli zaini pesantissimi che vanno a scuola, adulti con le loro borse per il computer parlando agli auricolari, e reclama il suo diritto ad essere attivo come gli altri, come mamma e papà gli hanno insegnato.

“papà io voglio essere grande”
“si certo tesoro, tu sei grande”
“allora voglio camminare senza passeggino come i grandi”
“ ehm si Marcolino ma vedi ora andiamo veloci con il passeggino, non vorrai arrivare tardi a scuola?”
“ ma io sono veloce, ieri ho mangiato tanti spinaci, mi hai detto che adesso ho i super poteri”
a memoria dei bambini e il fatto che prendono tutto letteralmente sul serio!
“ AH i super poteri! Già… però vedi adesso…”
Marco passa velocemente dalla fase di “broncio” alla fase di incazzatura (anche se lui non l’avrebbe di certo nominata così ancora per diversi anni).
Marco e il suo papà, che chiameremo Andrea, sono adesso a circa 600 metri dalla scuola. Sembra poca strada da percorrere ma immaginate di farla con un bambino che ha iniziato a strillare, con tutti i passanti che vi guardano e con gli occhi vi stanno dicendo “fa qualcosa per tuo figlio, cazzo!”
Andrea pensa che potrebbe proporre uno scambio a suo figlio, tipo andiamo in passeggino e ti compro un dolcetto, ma ha la sensazione che sua moglie non approverebbe e che in ogni caso non è il tipo di transazione da fare con un piccolo umano che ancora non sa molto di scambi e trattative. Non vuole certo instillargli l’idea che può ottenere qualcosa in cambio di un capriccio. Poi dentro di lui si fa strada l’idea che quello in realtà non è un capriccio: suo figlio vuole affermare la sua presenza come “persona grande” vuole sentirsi come gli altri.
Allora valuta il tempo di percorrenza a piedi senza passeggino, il triplo del tempo! Non sa d’avvero come potrà giustificare il ritardo alla riunione, di certo dare la colpa al figlioletto lo farebbe sembrare un cretino. Però comprende che quello è un momento di crescita importante e che lui non vuole essere responsabile di non aver fatto del suo meglio per aiutare suo figlio (Andrea è un papà molto coscienzioso e attento).
Oltretutto da quando è nato Marco ha deciso che la sua priorità sarebbe stata suo figlio. Quella è la prima volta in cui davvero è messo davanti la sua scelta. Fare tardi alla riunione o forzare la mano.
Coerentemente sceglie di restare fedele alla sua scelta e fa scendere marco da questo benedetto passeggino. Lo prende per mano e gli dice “hai ragione, sei grande, puoi camminare accanto a me e facciamo strada per andare ai nostri impegni della giornata. Se ti senti stanco potrai sempre tornare a sederti, ok?”
“papà sì, andiamo a lavoro!”
Così quelli che potevano essere 15 minuti di strada col passeggino si trasformano i 30 minuti a piedi con un bimbo piccolo, un passeggino vuoto e una tracolla col portatile.
Andrea sa che a questo ritardo si aggiungerà il tempo per lasciare il piccolo a scuola, con saluti baci e abbracci infiniti, e quello per raggiungere il suo ufficio, prendere i documenti per la riunione. Inizia a salire l’ansia. Il suo capo sarà presente al meeting. Durante l’incontro saranno discusse decisioni abbastanza importanti ma la cosa principale che lo preoccupa è che durante i primi dieci minuti, quando tutti stanno prendendo posto e sistemando le carte, il capo si intrattiene con alcuni dipendenti per due chiacchiere. Quei momenti sono preziosi, fondamentali quasi, per i rapporti umani e per esporre alcune idee che aveva a proposito di un nuovo prodotto. Senza contare che arrivando in ritardo farà la figura di una persona poco professionale.
Mentre è preso da queste preoccupazioni, da uno sguardo in basso e vede suo figlio che avanza petto in fuori, sguardo dritto una mano in tasca proprio come lui. Tiene anche il suo zainetto come fosse la tracolla del papà, o almeno ci prova visto che continua scivolargli giù. Cerca di andare più veloce possibile per tenere il passo col padre.
Andrea viene colto da un senso di ammirazione per il figlio e di profonda tenerezza. Era così importante per lui andare a piedi accanto al papà che non si lamenta della velocità che deve sostenere o dello zainetto che gli cade.
Allora si ferma, si abbassa per raggiungere gli occhi di suo figlio e gli dice “ Senti sai che mi somigli proprio? Abbiamo un lavoro da svolgere oggi e stiamo andando a compierlo” (si il mio amico usa questo linguaggio col figlio piccolo, infatti Marco ha già una buona conoscenza di parole difficili per i bambini della sua età) “ sono fiero di te. Hai scelto di essere come i grandi. Ti voglio bene lo sai?” Abbraccia il figlio e si rimette in cammino rallentando un po’ il passo.
Ormai ha un sorriso stampato in volto e i pensieri ansiogeni sono cancellati. Ha accettato che arriverà in ritardo, che non potrà dare giustificazioni di nessun tipo e che perderà un momento prezioso per la sua carriera. Ma di certo ha reso felice suo figlio. Di più, gli ha fornito del materiale utile per la sua crescita.
La storia potrebbe sembrare finita qui ma non lo è.
Marco e Andrea arrivano a scuola, stavolta i saluti sono veloci “papà scusa devo andare subito in classe, oggi dobbiamo lavorare al disegno di natale, ma non dirlo alla mamma che è una sorpresa, e ripetere la poesia per la recita. Scusa proprio ma abbiamo fatto tardi oggi, che non si ripeta più eh!”
Andrea scoppia in una risata fragorosa, è proprio suo figlio! Gli da una leggera pacca sulla spalla, come farebbe con un collega di lavoro (si deve trattenere per non riempirlo di baci) e gli dice “amico hai ragione, anche io sono in ritardo. Chissà come la prenderanno la tua maestra e il mio capo! Però è stato bello fare due passi con te, dobbiamo rifarlo presto.”
Uscendo dalla scuola del figlio con un sorriso a 32 denti, la sua camminata spavalda ( si sente un super papà) e fiera (di avere un figlio eccezionale) si avvia verso l’ufficio poco distante.
A pochi metri incontra…indovinate chi? Si avete già capito ma del resto se non fosse stata una vicenda fuori dal comune che senso aveva raccontarvela?
Incontra il suo capo, anche lui in ritardo, evento eccezionale.
“Buongiorno Dott. F” lo saluta Andrea
“Dott. S.! è la prima volta in tutta la mia vita aziendale che non entro prima dei miei dipendenti!” lo saluta di rimando sorridendo. “ Mi sembra quasi un giorno di vacanza, un lusso incredibile mi sono preso oggi: ho accompagnato mia figlia alla partenza con la gita scolastica. Di solito ci pensa la madre ma oggi…” Andrea non crede alle sue orecchie è capitata ad entrambi una situazione simile, un impegno coi figli.
“Senta S… ha fatto colazione? Io no e devo prendere almeno un caffè, mi fa compagnia? Così parliamo un momento dell’idea che ha avuto per il nuovo prodotto”.
“ Dott. F certo, un caffè è quello che ci vuole adesso. Ho appena avuto una grande lezione da mio figlio, mi ha insegnato che ci sono occasioni nella vita che vanno colte. Un caffè con lei è la seconda cosa buona di questa giornata!”
“La seconda? Pensavo di essere più importante per lei” dice ridendo il capo di Andrea “mi racconti di suo figlio allora e poi di questo progetto che ha in mente”.
Non vi sto a raccontare il seguito, già questo è un lieto fine. Il progetto del mio amico non so cosa riguardi né so se sarà attuato oppure no ma aver condiviso quel caffè col suo capo è stato di certo importante. Senza contare che arrivare alla riunione, insieme e sorridenti per le confidenze sui figli e appagati dal caffè a cui si è aggiunta anche una brioche, ha fatto spalancare gli occhi a più di un collega (un po’ invidiosi?) e chiaramente nessuno ha potuto lamentarsi del ritardo.
Se Andrea avesse insistito col passeggino sarebbe arrivato puntuale alla riunione ed avrebbe perso l’incontro col capo, oltre ad essere pieno di sensi di colpa verso il figlio. Ma se anche non fosse stato così Andrea sarebbe arrivato in ogni caso pieno di positività sapendo di aver fatto la cosa giusta per suo figlio.
Come vi dicevo all’inizio ci sono più di una morale in questa storia:
- Il destino aiuta gli audaci
- Darsi delle priorità nella vita è importante, saperle mantenere lo è di più.
Chiaramente da quel giorno, per non sfidare il destino oltre modo, Andrea esce di casa dieci minuti prima nei giorni in cui accompagna Marco a scuola. Marco ha imparato una fantastica poesia e la reciterà a tutti per Natale. Il capo di Andrea, Mr. D., ha conosciuto meglio il suo dipendente ed ha avuto modo di apprezzarne le qualità di buon padre di famiglia. Sa di poter fare affidamento su queste sue qualità anche all’interno della sua azienda.
Quali sono le priorità che ti sei dato? Ti è mai successo, come ad Andrea, di dover scegliere se restare fedeli alle priorità o prendere una scorciatoia?