La prima volta che ho viaggiato negli U.S.A. ero poco più che ventenne e onestamente mi sembrava tutto meraviglioso.
Sarà che ero innamorata e senza pensieri, sarà che ho girato solo in bei posti, non lo so il perché ma ho vissuto il mio primo, e pensavo unico, viaggio attraverso gli U.S.A. in una nuvola rosa. Mentre ero lì credevo che mai sarei tornata per le strade di Manhattan, o a vedere le vetrine di Tiffany o a girare i locali jazz di new Orleans o ancora negli splendidi marina di San Diego.
E invece ci sono state altre occasioni ad esempio quando, prima di fondare il Fablab Catania ho voluto rendermi conto di come funzionassero quelli americani, patria del sistema dei laboratori condivisi di making, coding e digital.
Così ho aggiunto altre città al mio carnet tag U.S.A.
Seattle ad esempio, e rivisitato alcune, New York, San Francisco. Ma non mi sarei mai sognata di partecipare come espositore ad una fiera internazionale in suolo americano! È quello che è accaduto pochi giorni fa, il 23 e 24 settembre, a New York alla World Maker Faire.
Tutto ha inizio con una mail, di quelle che a volte finiscono nello spam, che segnalava un bando aperto da Italian Trade Agency per selezionare 15 realtà italiane da portare oltreoceano come rappresentanza del Made in italy tecnologico. “Vabbè 15 sono poche” mi sono detta “sarà molto difficile rientrare in questa rosa”. La certezza era che se non avessi presentato la domanda non avrei avuto neanche una chance. Inizio quindi la compilazione del questionario. Subito mi rendo conto che devo scegliere quale fra i progetti elaborati al Fablab voglio proporre in esposizione.
È COME SE MI AVESSERO CHIESTO “INDICA IL TUO FIGLIO PREFERITO”!
Cavolo! Ed ora?Decido di continuare la compilazione e di pensarci più avanti sperando che il mio inconscio mi detti la scelta giusta. Macché quando serve non risponde mai. Arrivo alla fine del questionario ed inizio a fare quella che dovrebbe essere un’analisi oggettiva della questione “quale progetto indicare”.Qual è quello più innovativo? Qual é quello più recente? E quello più simpatico? Quale può piacere di più al popolo americano? Se incontro finanziatori quale vorrei mostrare loro? Va da se che ogni progetto rispondeva ad una o più domanda ma nessuno di loro le soddisfaceva tutte. Faccio per salvare il documento, riservandomi una notte per riflettere seguendo la filosofia “la notte porta consiglio” ed invece…Invio per sbaglio la domanda di partecipazione al bando di selezione completa di tutti i dati ma senza indicare un progetto!
@#/!?(NON ESISTE PAROLACCIA CHE ESPRIMA LO STATO D’ANIMO)
Primo pensiero “che figura di merda”Secondo pensiero “scrivo una seconda domanda” (un’altra ora di compilazione e senza aver ancora deciso il progetto da presentare, descrizione e foto incluse)Terzo pensiero (che si è rivelato vincente come vedrete più avanti) ” gli scrivo una mail diretta”. Così inizio la mail spiegando il problema dell’invio non completo e mentre scrivevo ho aperto il cuore.Ho ringraziato dell’opportunità, ho espresso il mio entusiasmo per questa iniziativa ed ho parlato a lungo di cosa facciamo qui al Fablab e della mia difficoltà di indicare un solo progetto raccontandoli tutti.Prima di procedere con la conclusione del racconto, che per altro sapete già visto che è ben spoilerato ad inizio dell’articolo, vi faccio notare, l’ho notato anche io per la prima volta mentre scrivo, che mai una volta ho pensato “rinuncio”. Testardaggine? Forse ma stavolta ha pagato.
Sarà stata la mia mail? Saranno piaciute le idee innovative? Ero nel target della fiera più cool degli Stati Uniti?
Non lo so, ma dopo pochi giorni è arrivata risposta positiva: eravamo stati ammessi alla World Maker Faire di New York City.Tralascio il racconto delle procedure successive per la conferma ufficiale, della traduzione in inglese per l’inserimento nel portale ufficiale dell’evento (grazie Andrea) e della preparazione finale di espositori e gadget e vario materiale da fiera (grazie Denise). Alla fine siamo partiti. E siamo tornati.Quello che c’è stato in mezzo, i due giorni di fiera, il caldo che sembrava di stare in Sicilia, gli altri 14 folli tecnologici italiani compagni di avventura, la cordialità e professionalità dei curatori (fantastici Romina e Bart) ed altre strane cose capitate nell’avventura americana ve li narro nel prossimo blog. Mi servono solo un paio di giorni (o forse un’altra notte insonne in attesa di recuperare il jet-lag) per raccontarvi tutto.Intanto guardate la raccolta di foto, alcune sono davvero inusuali.
Se invece volete sapere quali progetti ho portato negli U.S.A. ecco qua. Infine se volete la ricetta della torta di zucca o carote, in vista di Halloween, consegnatami da una signora newyorchese coi capelli bianchi, potete scaricarla qui nel post riguardante il workshop di Halloween, era in inglese ma l’ho tradotta (e provata) per voi.
Chi la sperimenta per primo mi dia un feedback, io l’ho trovata deliziosa. Nel prossimo racconto vi dirò come ne sono venuta in possesso ?
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